Nuova opera commissionata dal Gruppo Building
L’opera dello street artist apre il cortile della nuova casa nel cuore del Quadrilatero
Torino, 3 maggio 2019 – Il cortile di Quadrato, la casa contemporanea e relais urbano del Gruppo Building, si apre all’arte e alla città con un’opera di PixelPancho. Il famoso street artist torinese ha appena realizzato Eaten by feelings, una pittura del filone che l’artista definisce Mother Nature, visitabile da domani nel cortile di Via delle Orfane 18 a Torino. Pixel Pancho ha disegnato nella corte di Quadrato un volto femminile dall’anima robotica su cui ha il sopravvento la natura rigogliosa con fiori e foglie che ne ricoprono i lineamenti. Un’opera che riflette sulla piaga del femminicidio.
“Nella mia città natale, ho realizzato Eaten by feelings. Nell’ultimo mese sono stato in Italia dove ho sentito parlare di molte violenze sulle donne. Come loro, sento succedere troppi episodi di razzismo nei confronti di persone che sfuggono dalla miseria, cercando nella nostra società un futuro migliore. Trovo sia importante dare voce a chi, come i più deboli, soffre queste discriminazioni. Il mio lavoro è dedicato a chi soffre questi orrori. Mi batterò sempre per un mondo migliore” ha dichiarato PixelPancho.
La scelta del Gruppo Building è dettata dalla volontà di portare l’attenzione su di un tema di grande attualità scegliendo l’arte di PixelPancho – uno degli artisti più conosciuti a livello mondiale nell’ambito della street art – come simbolo contro le discriminazioni. Con questa commissione, il gruppo Building compie a Quadrato un nuovo atto di mecenatismo, aprendo alla città il terzo cortile storico del centro di Torino, dopo quelli di The Number 6 e Lagrange12 nei quali torinesi e turisti entrano tutti i giorni per visitare le opere pubbliche il Giardino Barocco e Omaggio a De Pero dell’artista Richi Ferrero. “Eaten by feelings” sarà a giugno 2019una delle tappe del tour di OpenHouse, terza edizione dell’evento pubblico che apre case, palazzi, luoghi privati abitualmente non accessibili. Negli stessi giorni, nel cortile di Quadrato si aprirà anche l’area archeologica emersa durante i recenti lavori con il vasto piano imperiale risalente circa tra il I e il III secolo e le decorazioni a mosaico rappresentante la figura mitologica del cacciatore Atteone, sbranato dai suoi cani.
Nato a Torino nel 1984, PixelPancho è stato iniziato alle forme e ai colori dal nonno, pittore occasionale. La sua passione per l’arte e il design lo porta a studiare all’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino e in seguito alla Real Academia de Bellas Artes a Valencia in Spagna. In questo periodo si avvicina alla scena della street art e dei graffiti. Influenzato da questo mondo inizia a utilizzare bombolette spray e marker e a lavorare su superfici esterne anziché utilizzare metodi più classici di pittura su carta o tela. In seguito, muovendosi tra Torino e Valencia, PixelPancho si fa notare sulle strade usando differenti mezzi come piastrelle, murales, stickers e poster art: molto presto le sue opere iniziano ad abbellire i muri di tante città europee. Il lavoro di PixelPancho ha diverse influenze: si notano tracce del pittore storico spagnolo Joaquin Sorella, del surrealista Salvador Dalì, del gruppo politico di pittori “El Equino Cronica” fino ai più moderni Ron English e Takashi Murakami. I suoi viaggi lo portano in tutto il mondo in occasione di graffiti jam, grandi muri da dipingere, festival di arte, mostre di gruppo e personali in diverse gallerie, queste esperienze hanno consentito allo stile di PixelPancho di evolversi dalle semplici raffigurazioni dei suoi robot alle composizioni più complesse e strutturate che caratterizzano i suoi lavori di oggi. La narrativa delle opere dell’artista torinese parte da un mondo dimenticato che esiste dietro un grande strato di polvere; un mondo popolato da robot ammaccati, decadenti e rotti a terra, i loro corpi di ferro e rame arrugginiti è come se fossero destinati all’oblio. Nonostante la grande gamma e la diversità dei suoi lavori, questo mondo surreale è un filo costante che oscilla tra riferimenti storici e contemporanei, dando un senso al “qui e ora”. Le caratteristiche fisiche e gestuali che umanizzano questi robot sono un’inconfondibile “marchio di fabbrica” dell’artista. Il lavoro di PixelPancho, che si può trovare sui muri degli edifici abbandonati di diverse città in Europa, Stati Uniti, Sud America, Nord Africa e Oceania è un unico mondo di storie interconnesse: i murales, i dipinti, le sculture… alla fine sono solo una piccola parte di qualcosa di più grande, un’altra storia che vive all’interno di questo grande regno surreale in continua crescita. Attualmente PixelPancho lavora soprattutto nei suoi due studi di Torino e Brooklyn a NY, negli ultimi due anni ha allestito mostre personali in prestigiose gallerie a Parigi (Le Fauvre), Londra (Stolen Space), Roma (Varsi) e NY (Hoerle-Guggenheim), ha dipinto per importanti festival in mezzo mondo (Miami ArtBasel, Berlin Uman Nation, Christal Ship Festival in Olanda, Rabat Jidar Festival, etc) e ha realizzato progetti che lo hanno portato dalla Repubblica Dominicana agli Usa o dall’Austria alla Norvegia. In questo periodo si sta concentrando su bio sculture in grado di produrre energia, bio installazioni in zone di carenza d’acqua -come condensatori d’acqua piovana e umidità- e sull’utilizzo di materiali eco-bio-compatibili.